Famiglia, amore e perdono: un dramma fatto di buoni sentimenti

di Gianluca BERNARDINI

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Diciamolo subito: se non fosse per Eastwood, nei panni del protagonista, il film perderebbe senz’altro di valore. Con la metafora del baseball, Robert Lorenz, per la prima volta alla macchina da presa come regista dopo aver lavorato per anni come produttore o assistente al fianco dello stesso Clint, mette in scena il classico dramma fatto di buoni sentimenti. Famiglia, amore e perdono. Potrebbe essere questo il trinomio su cui si gioca l’intero plot che narra la storia del rude scout di giovani promesse Gus (Eastwood) alle prese con un probabile glaucoma agli occhi che gli impedisce di svolgere al meglio il suo appassionante lavoro. Vedovo, arcigno, determinato (come Walt di Gran Torino?) questo «mezzo cieco» si ritrova a giocarsi in un’ultima volta, prima di un probabile pensionamento, tutta la sua lunga e stimata carriera. Sarà proprio quest’occasione, tuttavia, a donargli l’opportunità di riprendere quel dialogo, troppe volte interrotto, con la figlia Mickey (Amy Adams), brillante avvocato in ascesa. Se c’è molta sofferenza dietro questa storia, purtroppo approfondita solo a tratti, ci sono anche un padre mancato e una figlia in crisi che si ritrovano a lavorare insieme, soprattutto su se stessi. Il passato non può essere cancellato, così come non può essere sostituita l’esperienza di una vita (il contatto «de visu») dal nuovo che avanza o dai calcoli delle probabilità di un semplice computer. Altrettanto, se si può essere nell’era odierna multitasking, come si definisce la stessa Mickey, si può anche ritrovarsi soli ed infelici, restando connessi perennemente col mondo. Forse per questo Lorenz decide di aggiungere un po’ di zucchero inserendo il giovane Johnny (Justin Timberlake), professionista fallito nel baseball e alle prime armi con il lavoro di scouting, come possibile pretendente per la bella figlia del vecchio e ammirato Gus. Se probabilmente preferiremmo vedere Eastwood anche alla regia, «Di nuovo in gioco» resta un gradevole (forse un po’ scontato?) prodotto americano. «Tu sei mia luce, l’unica  luce… Non portarmi via l’unica luce» sussurra piangente Gus sulla tomba della moglie, morta in giovane età. Non possiamo che unirci a questa accorata preghiera nella speranza di essere illuminati soprattutto dall’Alto, ma anche a lungo dal genio del grande Clint.