Nel nuovo film di Paolo Virzì il tempo diventa il vero protagonista, tra inquietudini personali e attese che rivelano la linfa nascosta della vita.
di Gabriele Lingiardi
Nell’ultima opera di Paolo Virzì il tempo è il protagonista, anche se non è così immediato capirlo. Ce ne si accorge dopo aver ripensato all’importanza di un titolo, Cinque secondi, decisamente vago. Titoli così, solitamente, sono riservati a film al cardiopalma. In questo caso seguiamo invece il placido avvocato Adriano Sereni, interpretato da Valerio Mastandrea. Sereni, contrariamente al suo cognome, porta con sé una profonda inquietudine. Scoprire cosa sia accaduto nella sua vita, tanto da portarlo alle fasi finali di un processo che coinvolge la figlia, fa parte del gioco per lo spettatore.
L’uomo si è rifugiato in esilio nelle stalle di Villa Guelfi, uno spazio bello e decadente tra i vigneti della Toscana. La sua quiete è disturbata da un gruppo di giovani capitanati da una contessina (Galatéa Bellugi) che mirano a far rinascere un terreno confiscato, a pochi passi dalla villa. Eccolo qui il tempo: serve cura e tanta pazienza per aspettare che la vigna porti frutto. Un atto di fede, soprattutto quando si vuole riutilizzare quanto lasciato dalla natura, senza piantare qualcosa di nuovo. Adriano sarà affascinato da questo processo. In qualche modo lui, che si veste come se avesse sempre freddo, anche quando intorno c’è chi è a maniche corte, percepirà un po’ di quel calore e di quell’entusiasmo giovanile che lo aiuterà a non percepirsi più come un ramo morto, ma ancora capace di dare linfa.
Virzì mette dentro tanti, troppi temi nel suo film. Dispiace che la sceneggiatura, scritta insieme al sodale Francesco Bruni, non eviti troppi cliché attaccati ai personaggi. Le due anime della storia, quella dell’incontro con il progetto di ribellione ecologista e quella personale non sempre vanno bene insieme. In questa profonda imperfezione però la regia riesce a trovare di tanto in tanto “cinque secondi” di intuizioni. Così poco serve, ci dice il film, a cambiare tutto. Il tempo di attesa di una sentenza, la sofferenza lunga di una malattia degenerativa, l’impazienza di una gravidanza, o il tempo breve in cui prendere una decisione che cambia la vita, sono gli scogli con cui si confrontano i personaggi. È il tempo a chiedergli il conto, ma è anche l’unico che gli permette di trovare il giusto ritmo dell’esistenza.
Temi: malattia, paternità, cura, crescita, tempo, decisioni