Ruben Östlund ritorna in sala con "triangle of sadness", suo primo film inglese, premiato quest'anno con la palma d'oro al festival del cinema di Venezia.

Di Gabriele Lingiardi

triangle of sadness

Ruben Östlund non è un regista che fa sconti o coccola il suo pubblico. Il suo bellissimo “Forza maggiore” (ad oggi ancora il suo film migliore) scavava nei lati oscuri di chi abbiamo vicino e che crediamo di conoscere bene. “The Square” se la prendeva con la società alto borghese, radical chic, della cultura ostentata come ricchezza ma intimamente vuota.
Con “Triangle of Sadness” si allinea al discorso fatto anche da Paolo Virzì di “Siccità”: racconta cioè tutte le nostre brutture e le idiozie di cui si ricopre la classe privilegiata, senza però trovare uno spiraglio di redenzione (come invece succede nel film italiano).

Quanto manca il cinema satirico, e quanto è difficile da vedere adesso che non siamo più abituati a questo tipo di esperienza graffiante! In “Triangle of Sadness” ci sono tre episodi, non tutti riusciti allo stesso modo.
Nel primo viene ridicolizzata la vanità della moda (geniale la distinzione tra brand con modelli imbronciati e altri sorridenti). Nella società occidentale che si interroga sulle etichette e su chi, tra una donna che prende più dell’uomo, debba pagare il conto, si è persa completamente la bussola.

Come sulla nave di lusso del secondo episodio dove un gruppo di miliardari si gode le vacanze circondati da “yes men”, servitori a cui non è possibile dire di no nemmeno quando si rischia di rovinare il lussuoso cibo che gli verrà servito. Questo porta alla tragicomica scena più disgustosa dell’anno che non tutti saranno disposti a sopportare.
Sta qui il valore di “Triangle of Sadness”, che si è conquistato la Palma d’oro a Cannes: saper deformare a tal punto da diventare fastidiosamente sincero. Pone lo spettatore in una posizione distanziata, ma lo schermo diventa uno specchio della nostra società. L’equazione è semplice: più si capisce e si ascolta il film, meno si esce contenti.
Perché messi di fronte alla perdita di valori, alle sciocchezze di cui ci circondiamo, alla bellezza fisica che è diventata un valore, non si può che rimanere senza fiato.

 

Temi: vanità, bellezza, declino dei valori, ricchezza, capitalismo, satira, solitudine