Ogni sala che apre è una buona notizia, ma è anche il frutto di anni di sacrifici, di lavoro, di pianificazione. Un salto nel vuoto, soprattutto in un momento storico dove la tendenza, invece che ad inaugurare, è quella di chiudere i centri di cultura spesso in difficoltà economiche.

Di Gabriele Lingiardi

Teatro del Borgo

Ci sono degli operatori culturali ostinati, persone che non si rassegnano e vanno in direzione ostinata contro corrente. Uno di questi è Don Mario Longo, ex parroco santissima trinità di Milano che, insieme a un gruppo di laici, ha contribuito alla riapertura del Teatro del Borgo. Le sue parole esprimono la stanchezza di 14 anni di impegno per restituire alla cittadinanza la sala polifunzionale di Via Giovanni Verga, situata nel cuore della Chinatown milanese. Il tono della sua voce è invece quello di chi ha ancora uno spirito combattivo.

La sua missione è di seguire le indicazioni di Papa Francesco sulla cultura, creare occasioni di crescita e luoghi che accolgano le persone senza alcuna distinzione. Una sala della comunità, che parli alla cittadinanza e che si esprima anche attraverso il vello. Una Chiesa, che ritorni a curare la comunicazione e ad offrire occasione di crescita. Longo non è preoccupato per i soldi spesi senza la certezza di recupero in poco tempo: “fare cultura è un investimento, non una fonte di guadagno monetario, altrimenti avremmo fatto un centro massaggi”, dice. È angosciato invece da quella che definisce la povertà umana, quella della profondità di pensiero. Sostiene che i palcoscenici vadano riempiti ad ogni costo e non lasciati all’incuria. Meglio se a farlo sono i giovani, come accade nel Teatro del Borgo.

“Mi sono commosso nel guardare i giovani e giovanissimi fare le maschere e dare una mano. Ho fatto vedere il teatro anche ai ragazzi del catechismo e gli ho detto: questa sala è vostra, sarete voi tra pochi anni a gestirla!” racconta pochi giorni dopo l’inaugurazione. È stato momento di festa accompagnato dalla presenza dell’attore Giovanni Storti, del celebre trio Aldo Giovanni e Giacomo, e insieme a lui anche il coordinatore artistico del teatro: Fabio Zulli. Perché aprire una sala?

La risposta è redatta in un documento di 144 pagine, contenente il progetto di rilancio e la visione sul lungo periodo. La sintesi di questi fogli viene dal film “Fitzcarraldo” che ha ispirato l’impresa. Lì “chi sogna può muovere le montagne”e ossessionarsi per “portare l’opera lirica in Amazzonia”. Nel caso del Teatro del Borgo invece Longo si sente “al centro di Milano e quindi al centro del mondo”, dove non può mancare uno spazio di aggregazione.

La programmazione dello spettacolo dal vivo inizierà la sera del 24 e del 25 febbraio con lo spettacolo di Ippolita Baldini: “Mia mamma è una marchesa”. Sarà una prima stagione caratterizzata dalla riscoperta delle sfumature dell’umano. Non ci sarà solo teatro, ma anche proposte cinematografiche che si affiancheranno ai corsi di teatro e a diverse attività originali in cantiere. Don Gianluca Bernardini, presidente di ACEC Milano, esprime il suo plauso per l’apertura della sala “in un quartiere che ci chiama a guardare oltre la parrocchia e apre le sue porte attraverso proposte culturali che uniscono e creano comunione”.