di Gianluca BERNARDINI

A-Quiet-Passion

«Lei ha la vita, io una consuetudine», così Emily (interpretata da Cynthia Nixon di Sex and the City) si rivolge alla cognata che ha appena partorito. Celebrata, postuma, come uno dei più grandi «poeti» americani nel mondo, Emily Dickinson nata nel 1803 in Massachusetts visse tutta dedita alla poesia. Incompresa, ribelle per natura anche contro una società succube di una religione protestante che tarpava le ali a ogni possibile forma di «libertà», femminista d’animo, fece dell’arte poetica lo strumento per mettere in luce non solo i suoi pensieri e sentimenti, ma anche la visione dell’esistenza, vista dalle mura di casa che divennero la sua amata «prigione». Attaccata quasi morbosamente alla sua famiglia, trascorse con essa tutti i suoi 53 anni, finché, stroncata da una malattia ai reni, diede prematuramente il suo «saluto» al mondo. Terence Davies mette così in scena un «biopic» di tutto rispetto, dal titolo singolare A Quiet Passion, osannato soprattutto oltreoceano. Come leitmotiv proprio i versi struggenti di Emily che accompagnano l’intero racconto, sostenuto dall’interpretazione magistrale della protagonista, coronata via via dai personaggi che le girano attorno. Un film piuttosto cupo e dolente, in cui la sofferenza e lo struggimento sembrano prendere il sopravvento su alcuni siparietti simpatici in cui la sagacia della giovane Emily porta perfino il sorriso sulle labbra. Un lavoro, dunque, impegnativo e delicato lungo due ore che, per chi non ama particolarmente la poesia, si sentono tutte. Restano tuttavia le sue parole, sublimi, come quelle sulla morte che ne celebrano tutta la sua «bellezza»: «Poiché non potevo fermarmi per la morte, lei gentilmente si fermò per me. La carrozza non portava che noi due – e l’immortalità. Procedemmo lentamente, / lei non aveva fretta e io avevo messo via il mio lavoro e anche il mio tempo libero per la sua cortesia».

Temi: Emily Dickinson, poesia, famiglia, società, religione, libertà, passione, verità, dolore, esistenza.