Dalla fantasia dello studio Pixar arriva Toy Story 4. Un film che dovrebbe chiudere la saga ma che si dimostra ancora ricco di spunti e riflessioni critiche.

Di Gianluca Bernardini

Toy Story 4

Qual è il compito di un giocattolo? Fare stare bene il proprio bambino! Sono queste le premesse della nuova avventura di Woody, Buzz Lightyear e degli altri giocattoli del mondo di Toy Story, che prendono vita quando non osservati. C’è un nuovo arrivato nel gruppo dei giocattoli della piccola Bonnie, si chiama Forky, ed è molto diverso da tutti gli altri: è stato creato dalla bambina prendendo materiali di riciclo dalla spazzatura. È una forchetta, con le braccia fatte da un filo e le gambe con uno stecco di ghiacciolo. Il dovere dei giocattoli sarà convincere il nuovo arrivato a «non buttarsi via» come spazzatura, ma aiutarlo a trovare il proprio ruolo e il proprio bambino di cui prendersi cura.
La cura dell’altro è infatti la forza che muove i protagonisti, in un film dalla confezione «per bambini» ma profondo e adulto nell’anima. «Toy Story 4» rappresenta un passaggio di consegne alle nuove generazioni, chiudendo definitivamente trame aperte nel lontano 1995.
Se il primo «Toy Story» aveva rivoluzionato il mondo del cinema grazie all’uso diffuso della computer grafica nell’animazione della storia, questo quarto capitolo resterà nella memoria collettiva come una poesia totalmente umana, che ci insegna a «lasciare andare», anche con dolore, le aspettative che ci creiamo sulle relazioni e sugli affetti. La crescita è una scelta personale, ma può realizzarsi solo con l’aiuto degli altri. Anche chi è malvagio, nel mondo Pixar, può redimersi. E il gesto di dare voce a chi voce non ne ha, aiuterà a immaginare un mondo migliore per tutti.

Temi: lasciare andare, accogliere, diversità, crescita, amicizia, infanzia, vita, redenzione.