Ritorniamo a parlare di un film fresco di uscita, anche se nei canali on demand: Favolacce, l'opera seconda dei Fratelli D'Innocenzo

Di Gabriele Lingiardi

Favolacce

È da poco disponibile in anteprima, sulle piattaforme digitali, il nuovo lungometraggio dei fratelli D’Innocenzo: «Favolacce». Il film, premiato a Berlino come miglior sceneggiatura, ha saltato l’uscita in sala per via della chiusura forzata dei cinema conseguente all’emergenza sanitaria. È un peccato, perché questa favola nera, o meglio nerissima, ha tutte le carte in regola per affascinare e colpire al cuore il pubblico di affezionati cinefili.
A Spinaceto, una frazione di Roma, distante dalla grande città, vivono gruppi di famiglie. Una strada divide due caseggiati. Poco più in là, vi è un’altra piccola dimora abitata da un giovane cameriere e da suo figlio.

«Favolacce» osserva il passare delle giornate in una calda estate, con il sudore che si appiccica alla fronte e l’umidità che rallenta il passo, dei bambini e dei loro genitori. Questo è tutt’altro che un idillio, anzi! Fabio e Damiano D’Innocenzo, i due registi gemelli e vere e proprie promesse del cinema italiano, dopo il bel «La terra dell’abbastanza», si immergono all’interno di questo tessuto sociale. Il risultato è lo specchio di un’umanità devastata. Un ritratto bestiale (nel vero senso della parola) di uomini mossi solo dall’istinto, dalla rabbia e dal desiderio di fuga.

Nel frattempo, sullo sfondo, in questa società condotta con molte parole, spesso violente, e che scompare tra le mura di casa, cresce una generazione di bambini di poche parole, ma dall’intelligenza spiccata, che non ci sta e che ha un forte desiderio di ribellione, di vendetta nonché di fuga rispetto al mondo adulto, carico di ingiustizie. Il film, sprezzante sin dal titolo, racconta con cruda realtà i danni di una generazione di genitori-lupi verso bambini-innocenti costretti a perdere il candore dell’età per sopravvivere alla cruda realtà. La regia non accusa, ma osserva senza filtri i caratteri umani. Siamo in un mondo dove dire alla propria figlia che è bella diventa uno sforzo quasi contro natura, ed essere generosi sembra un atto di viltà. Attraverso le movenze di uno straordinario Elio Germano ci lasciamo così interrogare ed inquietare, sentendoci chiamati in causa. Difficile restarne fuori.

Temi: Famiglia, società, relazioni, visione di vita, miserie umane, valori

Di Gianluca Bernardini e Gabriele Lingiardi