Proponiamo una selezione di alcuni titoli per riflettere assieme alle coppie di sposi che si apprestano ad intraprendere il percorso fidanzati nelle parrocchie. Film di varia natura che offrono diversi spunti di riflessione e di dibattito su argomenti diversi come il formarsi di una nuova famiglia, il matrimonio, l'adozione, la coppia, il litigio e l'amore.

Di Gabriele Lingiardi

Film per corso fidanzati

Questione di tempo (2013) di Richard Curtis

Trama: Cosa faresti se avessi tutto il tempo del mondo? Questione di tempo è una brillante commedia dai toni fantasy. Gli uomini della famiglia di Tim (Domhnall Gleeson) hanno il potere di viaggiare indietro nel tempo… quando sono soli in uno sgabuzzino buio. Tim vuole usare il suo potere per trovare l’amore. Si troverà invece a curare, perfezionare e vivere i momenti migliori della sua storia, rassicurato dalla possibilità di non potere mai sbagliare senza avere anche la possibilità di rimediare. Ma un imprevisto lo costringerà a prendere una decisione drastica e vivere un giorno alla volta…

Analisi: Il trailer e i materiali promozionali purtroppo non rendono giustizia alla profondità del film, presentato come una normale e stereotipata commedia romantica. Non è così. Se la trama nelle mani di un regista comune sarebbe stata usata per sciocche gag, Richard Curtis (uno dei migliori autori di commedie britannici) riesce invece a usare l’espediente narrativo per riflettere sul tempo e sul valore degli affetti nei momenti più ordinari della vita, creando così un intreccio molto umano e toccante. Viaggiare nel tempo è un’immagine molto forte che fa riferimento allo scorrere del tempo (lineare) come all’invecchiare insieme nella coppia. Il tema dell’impegno è molto presente nel film: è una scelta che Tim deve affrontare, accettando i successi e le sconfitte, i rischi della vita, ma capendo che solo in questo modo si può arrivare alla pienezza dell’esistenza. Accettando così le imperfezioni dell’esistenza senza fuggire dai problemi, Tim riesce a costruire un progetto di vita.

Consigliato per: chi cerca profondità nella leggerezza. Un film che scorre bene, intrattiene ma sa commuovere e parlare al cuore.

The Tree of Life (2011) di Terrence Malick

Trama: La storia di una famiglia americana raccontata negli susseguirsi degli anni, ma anche nello spazio e nel tempo. Il film segue il viaggio del figlio più giovane, Jack, attraverso i ricordi della sua infanzia fino agli anni disillusi della maturità. Egli cerca di riconciliare la sua complessa relazione con il padre, ma si ritrova a vagare come un’anima perduta nelle strade della modernità, cercando risposte sull’origine e sul significato della vita.

Analisi: The Tree of Life è uno dei film più importanti degli anni ’10 del 2000. La storia intima, piccola, privata, di una famiglia si intreccia con lo studio più ampio sulla storia della vita. In questo film criptico, ma poetico, i piani temporali si intrecciano, così come la “scala” del racconto passa dal piccolo al cosmico. Attraverso il Voice over che pone domande di senso (Da cosa ha origine il male? Esiste Dio anche nel male?) il regista crea analogie tra le spettacolari immagini dell’origine del cosmo e il mistero della nascita. Il padre in lutto interroga Dio sul senso del dolore, il bambino chiede al padre il senso della punizione. L’albero della vita è un grande affresco sulla vita in ogni sua forma, con particolare attenzione alla genitorialità, affrontata nei personaggi interpretati da Brad Pitt e Jessica Chastain, opposti negli occhi dei figli, ma complementari nella filosofia del regista. Grazia e natura, amore e autorità, sono coppie di valori che si esprimono nella famiglia così come nel mondo. Il loro conflitto e la loro armonia non è risolta, ma ci interroga. Come i girasoli che aprono e chiudono il film “guardano” oltre l’inquadratura anche noi siamo chiamati a un viaggio nelle immagini per scoprire un senso più profondo. Non c’è una trama lineare (in qualche cinema venne proiettato per sbaglio a pizze invertite e in pochi notarono l’errore), ma è un film in cui immergersi completamente e senza timore.

Consigliato per: riflessioni guidate. Data la natura complessa del film è molto consigliato fare una presentazione prima della proiezione e aiutare le riflessioni alla fine. Va approcciato come un quadro, meno come un prodotto di intrattenimento.

Instant Family (2019) di Sean Andres

Trama: Pete e Ellie sono una coppia felice. Vogliono essere genitori e si trovano a valutare cautamente l’adozione. Inizialmente attratti dai neonati, i due cambieranno idea osservando una famiglia di fratelli. Arriveranno quindi a casa loro non uno, ma ben tre figli, di cui una adolescente. La routine verrà messa in crisi, ma con il tempo e tanti errori capiranno cosa significa essere famiglia.

Analisi: Commedia lineare, semplice, divertente e a tratti esasperata. Un film purtroppo sottovalutato dalla critica italiana (non da quella statunitense). Il regista Sean Andres è noto per avere diretto commedie infantili e a spesso volgari. Instant family è invece una perla rara nella sua filmografia. Grazie alla sua vena ironica riesce a stemperare momenti estremamente drammatici nel processo di adozione e formazione della nuova famiglia. Occorre la capacità di leggere attraverso la comicità e vedere i reali problemi che possono affrontare le coppie che decidono di adottare. I personaggi di contorno sono ben caratterizzati, e rappresentano un’apertura a un senso comunitario molto raro nel cinema statunitense. I genitori rappresentati nel film possono parlare anche alle coppie che non stanno per adottare un figlio, ma che sono in procinto di avere bambini. All’inizio la visione della famiglia è volutamente eccessiva, romantica e zuccherosa. La sceneggiatura si prende il giusto tempo per distruggere ogni poesia (salvo ritrovarla nel finale), e lavorare sui pregiudizi.

Consigliato per: chi cerca leggerezza e risate senza dimenticare le emozioni. È tratto dalla storia vera del regista, e questo gli dona sincerità. Un film sui legami, più che sull’adozione. Ha il grande valore dell’ironia.

Figli (2020) di Mattia Torre

Trama: Nicola e Sara sono una famiglia felice. Sono sposati da tempo, hanno una figlia di sei anni e una vita che scorre senza intoppi. Ma quella che era iniziata come una dolce fiaba romantica si trasforma in un vero incubo con l’arrivo di Pietro, il secondo figlio della coppia. Quella che sembrava una perfetta famiglia media inizia a mostrare i primi squilibri e i due coniugi si ritroveranno a scontrarsi con l’imprevedibile. Iniziano così a emergere vecchi rancori, insoddisfazioni che non riescono più a essere celate e ogni minimo disaccordo sembra essere motivo di litigio.

Analisi: Scritto da Mattia Torre, giovane sceneggiatore italiano recentemente scomparso, Figli è un affresco ironico e graffiante. Tratto dal monologo teatrale “I figli invecchiano” il film è estremamente radicato nella realtà e nella società italiana. Cosa significa fare figli oggi, con una società che osserva la famiglia come un corpo estraneo, con l’economia in difficoltà e la fatica di trovare un supporto. La scrittura di Torre ha un sapore unico, dolce amaro, concreto e illuminante, ma senza facili soluzioni o l’illusione che un lieto fine sia scontato. Il regista Giuseppe Bonito rende giustizia alla sceneggiatura postuma tanto che persino al regia del film viene attribuita a Torre stesso. Una lettera d’amore ai suoi affetti, alla sua famiglia, ma anche un invito a vivere la vita con gioia, fuori dalle imposizioni della società. La finestra, il guardare fuori da essa fuggendo dai problemi, e il guardarsi dall’esterno sono le chiavi di lettura che il film ci offre in apertura e in chiusura. C’è tanto da discutere, soprattutto immaginando un futuro per la coppia protagonista. Che cosa è cambiato? Che consapevolezza nuova hanno acquisito? Le immagini ce lo suggeriscono, ma non affermano dogmaticamente. In Figli c’è la forte sensazione di non essere soli, di stare combattendo una dura battaglia in un terreno non fertile per le famiglie, ma si rappresenta uno sforzo che alla fine vale la pena fare. Perchè “se i figli invecchiano, ma non invecchiano loro, invecchiano te” (come detto nel monologo) è anche vero che i figli cambiano, ma non cambiano loro, cambiano te.

Consigliato: erede spirituale di Casomai. Gioie e dolori della coppia e della famiglia con tono dolceamaro e tanti spunti di riflessioni tra risate (molte) e un invito alla resilienza. “Si può cambiare qualcosa solo se prima l’avrete accettata. Vale per il tuo paese, il tuo partito, la tua famiglia”.

Storia di un Matrimonio (2019) di Noah Baumbach

Trama: Charlie è un famoso regista teatrale sposato con l’attrice Nicole. Hanno un figlio, ma la coppia è in crisi e sta attraversando il divorzio.

Analisi: Il film inizia con i protagonisti che leggono una lista di ciò che amano l’uno dell’altra. Impossibile per uno spettatore consapevole non vedere in questo momento l’anticipazione di un lungo percorso di dolore. Opposto alle dolci parole pronunciate. Storia di un Matrimonio è più una storia di un divorzio. Eppure, osservando la relazione infranta, scopriamo le tante piccole cose che valgono in un matrimonio (e che i personaggi hanno perduto). L’allontanamento serve in realtà per scoprire cosa tiene uniti. L’abilità di Baumbach sta nel mostrare la crisi della coppia come un insieme di piccole cose, di sollecitazioni dal mondo esterno che hanno corroso un rapporto. A fine film quali sono i sentimenti dei personaggi? Cosa si sono fatti a vicenda? Era necessario? Con queste domande il film si apre a significati non espliciti, ma che parlano con rispetto e realismo alle coppie di innamorati. Vince nel ritrarre personaggi umani, fragili, pieni di difetti, di fronte a una vita che gli sfugge tra le mani e che non sanno come fermare.

Consigliato: a chi vuole raccontare l’amore senza avere paura di affrontare la fine dolorosa di una relazione. Per guardare con realismo il legame anche nella divisione.

Un affare di famiglia (2018) di Kore’eda Hirokazu

Trama: Di ritorno dall’ennesimo furtarello in un supermercato, Osamu e suo figlio incrociano una bambina abbandonata a se stessa per strada, e decidono di condurla con loro presso la loro piccola abitazione. Scoprendo che la bambina viene maltrattata dai propri genitori, la moglie di Osamu comincia a prendersi cura della piccola. Nonostante la povertà e la mancanza di legami di sangue, la piccola ritrova la felicità nel nuovo ambiente familiare.

Analisi: cosa significa essere una famiglia? Cos’è la casa? Una riflessione sui luoghi, su come questi favoriscano i legami umani e la costituzione di una famiglia. Messi da parte i legami di sangue, in una concezione molto lontana da quella della famiglia occidentale, Kore’eda racconta gli affetti, il gioco di squadra, il valore dell’incontro con le persone. Studiando gli spazi, i giochi di riflessi, la pienezza della casa dei protagonisti, il film trova numerosi simboli efficaci per raccontare la formazione di una famiglia (per quando disastrata). Memorabile l’inquadratura in cui la famiglia osserva i fuochi d’artificio, schiacciata nell’inquadratura e tra le case. Un piccolo spazio di unione. O la fila di mani che si incrociano e i piedi che saltano di fronte al mare, simbolo di libertà per una classe oppressa. La famiglia diventa metafora della società stessa.
Un affare di famiglia è infatti anche la storia di emarginati, con una trama secondaria destabilizzante e tutt’altro che felice, e una trama principale piena di gioia. Un film che scorre davanti agli occhi come la vita vera.

Consigliato: per una discussione complessa (anche critica), ma sicuramente arricchente, sull’idea di famiglia presentata con eleganza e grande cura cinematografica dal film.