Abbiamo intervistato Pier Cortese, in arte Little Pier, in questi giorni impegnato in un tour che coinvolgerà i teatri e le sale cinematografiche di Milano in cui verrà eseguito uno speciale concerto illustrato dedicato a grandi e piccoli.

di Gabriele Lingiardi

Little Pier

Little Pier, il concerto illustrato ideato dal cantante Pier Cortese, sta facendo il giro della Lombardia ospitato dalle sale del circuito ACEC. Una serie di appuntamenti dedicati alle famiglie e ai più piccoli in cui, tramite le canzoni, dai testi semplici ma poetici, si affronteranno temi come il rispetto della natura, l’amore verso il prossimo e l’attenzione agli animali. Abbiamo intervistato Pier Cortese per farci raccontare dalla sua voce i dettagli di questo concerto-spettacolo.

Buongiorno Pier, grazie per la tua disponibilità. Inizio chiedendoti di descrivere ai bambini in pochi secondi il tuo “concerto illustrato”.

Io inizio spesso i miei concerti chiedendo al pubblico: sapete cos’è un cantautore? È un artista che, con il proprio strumento, scrive e porta in giro le canzoni a tutti coloro che le vogliono ascoltare. Io sono uno di loro. Per fortuna durante il concerto ho altri amici e musicisti che mi aiutano: chi si occupa della musica, chi della parte ludica, e c’è anche chi, durante l’esibizione, disegna in diretta i personaggi delle canzoni e le proietta su uno schermo. per questo si chiama “concerto illustrato”. Il nostro pubblico va dai 3 ai 90 anni e, durante lo spettacolo può guardarci con gli occhi, grazie alle immagini, e ascoltare con le orecchie la musica.

Gli adulti, lo sappiamo, passano spesso i concerti coperti dallo schermo del cellulare, filmando quello che accade. I bambini invece come ascoltano la musica?

I bambini sono molto entusiasti! Durante lo spettacolo vengono coinvolti nella musica e vedo che sono molto sensibili a questi stimoli. Sono aiutati anche dalla possibilità di vedere i personaggi proiettati sullo schermo, e questo aiuta a parlare loro di temi importanti, a volte anche scomodi, attraverso la musica.

Di cosa parlano le tue canzoni?

Ne L’ospedale dei pesci parlo del rispetto dell’ambiente: il protagonista è un pesce che si ammala perché il fiume in cui abita è inquinato. In altre canzoni ci schieriamo contro lo sfruttamento degli animali e raccontiamo il rispetto dell’esistenza e la tutela di tutti gli esseri viventi. In Dov’è Totò si spiega la morte, che non annulla ciò che è stato ma che fa continuare a vivere nei nostri cuori. Tutti dentro un ritornello è una canzone che incita a non avere bandiere né di colore né di razza, perché siamo tutti figli dello stesso cielo e quindi dobbiamo stare tutti all’interno di uno stesso ritornello. Il testo di Come un gigante spazzolino spiega l’importanza dell’acqua come risorsa non illimitata che va conservata ed è stato scritto insieme a 250 bambini grazie al progetto “il futuro scorre sulle note dell’acqua” realizzato in collaborazione con BrianzAcque. La musica è connessa all’oggi!

Una tua canzone si intitola “Lasciateci la fantasia”. Credi che società di oggi stia sopprimendo la fantasia dei bambini per lasciare spazio a ciò che è “reale” e quindi considerato “utile”?

Sono molto legato a questa canzone perché, avendo una figlia, sento molto vicine queste battaglie. Io credo che i bambini di oggi vivano da grandi: hanno milioni di impegni e di stimoli, ma molti sono superficiali, se non dannosi. Lo spazio per l’immaginazione e la fantasia è sempre meno, per questo nel ritornello dico: non rubateci la libertà, non dateci il vostro modo di vivere perché abbiamo bisogno di immaginare nuovi spazi e nuovi mondi. La fantasia per un bambino, ma anche per gli adulti, rimane un territorio fondamentale e uno spazio legittimo da tenere e da pretendere.

Quando si dice “musica per bambini” si pensa a un lavoro di composizione e di scrittura più semplice rispetto all’equivalente per adulti. Eppure, lo percepiamo tutti i giorni in vari ambiti, parlare un linguaggio comprensibile e apprezzabili da tutti non è affatto semplice, che cosa ci puoi dire a riguardo?

È difficilissimo scrivere per bambini: i bambini ti beccano subito! Nel senso che se non hai semplicità e chiarezza è difficilissimo fare arrivare il tuo messaggio. Bisogna sentire realmente l’esigenza di cantare per loro, non ci si può improvvisare. La musica è stata inizialmente anche un modo per comunicare con mia figlia, per raccontarle anche il mio lavoro “non convenzionale”, e successivamente ho aperto la mia musica a tutti i bambini. Mi rendo conto che ho una responsabilità grande e un grande privilegio. Vedo spesso che, attraverso questi brani, si emozionano anche gli adulti. Mi piace creare questo “collante generazionale”: parlare ai bambini per piantare dei “semi” che faranno crescere i loro genitori parlandone a casa. 

Ci racconti come sono nate le collaborazioni speciali all’interno del tuo disco?

Con Niccolò Fabi ho fatto molte tournée, io e Simone Cristicchi ci conosciamo da una vita: siamo cresciuti assieme musicalmente, abbiamo cercato di farci spazio nel mondo della musica assieme quando eravamo molto giovani. Partiamo quindi avvantaggiati perché quando ci proponiamo a vicenda i progetti ci fidiamo molto della qualità reciproca. Quando ho fatto sentire le canzoni si sono lanciati con entusiasmo e mi hanno offerto la loro arte. È una collaborazione che viene dalla stima reciproca.

Qual è la canzone che più ti ha influenzato da piccolo?

Io sono molto legato a quello che considero uno dei grandi capolavori di Sergio Endrigo: Ci vuole un fiore. Il brano unisce una grande sensibilità poetica al racconto del senso profondo della vita. Una frase che dice “per fare tutto ci vuole un fiore” spiega, attraverso un’immagine semplice, la complessità del creato.