di Gianluca BERNARDINI

1-99354

«Preparatevi a tornare sui banchi di scuola», così suggerisce il giovane Rok Bicek a chi si appresta a vedere il suo film «Class Enemy», presentato l’anno scorso alla «Settimana della critica» della Mostra del Cinema di Venezia e da poco nelle sale. Un film che però non solo tratta del mondo scolastico, ma che a partire da esso ci fa entrare nell’universo dei rapporti tra adolescenti e adulti, doveri e sentimenti, silenzio e parola, ragione e cuore. Tratto da un’esperienza accaduta all’esordiente regista sloveno, il film narra la storia di Robert Zupan (Igor Samobor), serio e compassato supplente, che approda a metà anno in un liceo per sostituire l’amata insegnante di tedesco ormai in procinto di partorire. Tra il «nazista» (come lo chiamano «amabilmente» i ragazzi) e la classe si instaura un rapporto del tutto particolare, fino allo scontro quando una delle compagne improvvisamente si suiciderà. Da quel momento tra il professore che chiede alla classe di non venir meno al proprio dovere, nonostante tutto, e i ragazzi che lo accusano, oltre che per la sua insensibilità, anche per «qualcosa di troppo», inizia una «battaglia» a viso scoperto. Tutto viene messo in discussione: il sistema educativo, il mondo degli adulti (insegnanti e genitori compresi), il valore stesso della scuola incapace di ascoltare e soprattutto di comprendere il loro mondo. Un processo vero e proprio all’incomunicabilità che a volte si genera tra le nuove generazioni e gli adulti che non riescono ad entrare in contatto con essi e sembrano propensi più a reprimere che ad ascoltare. Grazie ad una regia asciutta e ricca di suspance (grazie ad una «complessità» continuamente messa in gioco), «Class Enemy» ha il potere di incollare lo spettatore non solo di fronte ad uno schermo, ma ad un racconto che chiede in fondo alla società di oggi di rispondere alle domande fondamentali sul «chi siamo ora» e chi «vorremo diventare un domani». Il «tutto per scontato» non può più essere contemplato per nessuna categoria e nemmeno si può ragionare semplicemente per «categorie» (basta soffermarsi sulla figura della psicologa…). Forse è giunto il tempo per lavorare insieme, fattivamente e non solo idealmente, per trasmettere un volto «altro», carico di fiducia e speranza, alle nuove generazioni. Cosa conta, in fondo in fondo, nella vita?

Temi: scuola, educazione, lutto, rapporti giovani-adulti, valori.