di Gianluca BERNARDINI

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Liberamente ispirato all’omonimo libro di Massimo Gramellini, è uscito in questi giorni in sala «Fai bei sogni», di Marco Bellocchio. Un’opera ben scritta e ben raccontata che ha come protagonista Massimo, un bimbo di nove anni, che una notte d’inverno del 1969, in una Torino imbiancata dai fiocchi di neve, perde improvvisamente l’adorata mamma. Nessuno osa dirgli cosa sia successo, nessuno vuole parlare, tutti cercano di fargli «accettare» la realtà. Negli anni Massimo (da adulto il bravissimo Valerio Mastandrea) cresce all’ombra di quest’assenza primaria, che popola però i suoi giorni, le sue notti, la sua intera vita. Solo più avanti il padre, di fronte al dolore, gli rivela che la madre, già ammalata, è morta d’infarto. Ma non è vero. Diventato giornalista apprezzato e famoso, inviato anche in Bosnia, alla morte del padre Massimo fa ritorno nella casa natia (una sorta di grembo materno) per dismetterla. In mezzo agli album di ricordi, grazie ad alcuni incontri (una dottoressa di cui s’innamorerà) o episodi fortuiti (o provvidenziali?), il «fantasma» che ha popolato i sogni della sua giovinezza poco per volta prenderà sempre più la forma di un «passato» con cui è necessario fare i conti per «sopravvivere». Attraverso la vicenda di Massimo, Bellocchio ci riporta indietro tra gli anni Sessanta e Novanta, in un’Italia che molti ritroveranno piacevolmente descritta sullo schermo grazie anche a una bella colonna sonora, impastata sì di canzonette, ma che hanno fatto la storia di un Paese. A imporsi sopra tutto è il tema del dolore e del potere che esso ha di «distruggere» e infiltrarsi nei meandri complessi della nostra coscienza (come il mostro Belfagor), quando non lo si affronta e lo si gestisce al meglio (la menzogna a fin di bene). Un dolore (ma a volte anche rabbia) pure fatto di lunghi silenzi, di desideri infranti, di nostalgie represse, a fronte del quale solo la luce della verità – unita forse alla fede, come Roberto Herlitzka, nei panni di un prete, cercherà di spiegare al ragazzo – può riuscire a illuminare ancora l’esistenza e ridarle nuova «vita». La stessa che per fortuna, qualche volta, ci permette, nonostante tutto, di danzare ancora. Un film assolutamente liberatorio.

Temi: infanzia, dolore, morte, lutto, passato, memoria, nostalgia, menzogna, riconciliazione, vita, famiglia