di Gianluca BERNARDINI

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Presentato in concorso all’ultimo Festival del cinema di Venezia, uscirà nelle sale i prossimi giorni l’ultimo lavoro di François Ozon «Frantz». Liberamente ispirato a «Broken Lullaby» («L’uomo che ho ucciso») di Ernst Lubitsch del 1932, tratto da uno spettacolo teatrale di Maurice Rostand, il film narra la storia dell’incontro tra Anna (Paula Beer) e il francese Adrien (Pierre Niney) sulla tomba del giovane soldato Frantz, morto al fronte durante la Prima guerra mondiale. Per lei «l’amore perduto», per lui «l’amico scomparso». Così in apparenza. Perché la verità poco per volta verrà a galla nel momento in cui i sensi di colpa di Adrien sfoceranno in una sofferta confessione alla giovane «sventurata»: è lui il soldato francese che ha ucciso «il suo Frantz» in battaglia. Un orrore irripetibile per «i suoceri» con cui vive, orgogliosamente tedeschi, per non creare dolore su dolore e per ridare vita, nelle «bugie» dell’amabile Adrien, all’adorato Frantz. Meglio dunque la menzogna. Quella che, per tutto il racconto del giovane cineasta parigino, farà da padrona. È lei, infatti, la nascosta protagonista che non solo crea suspense, ma interroga lo spettatore sulla verità dei fatti e sulla necessità, a volte, di mentire per cercare di riparare o ricostruire l’impossibile. Quella che farà partire Anna alla volta della Francia alla ricerca di Adrien, tornato in patria dopo aver vuotato il sacco. Con l’illusione di ricreare quell’unione di fatto mai avvenuta, di riportare in vita un amore stroncato troppo prematuramente con la morte, una nuova possibilità di rivivere i giorni felici ormai perduti. Quelli che Ozon gira a colori (rari momenti di felicità da rimembrare), mentre il film invece è in bianco e nero, con tutti i chiaroscuri possibili e immaginabili. Di taglio classico, quasi da romanzo di formazione, sicuramente un’opera stilisticamente di pregio. Per cuori e animi sensibili. Ma non solo.

 

Temi: guerra, amore, morte, menzogna, colpa, passato, futuro, speranza, illusione.