L’adolescenza e il dramma dell’esistenza

di Gianluca BERNARDINI

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«Tu osservi le cose e le comprendi: sei un ragazzo da parete. Benvenuto sull’isola dei giocattoli difettosi»: così i nuovi amici si rivolgono a Charlie (Logan Lerman, perfetto nel ruolo), il giovane protagonista del film «Noi siamo infinito», tratto dal romanzo cult oltreoceano, uscito nel 1999, The Perks of Being a Wallflower di Stephen Chbosky. Stesso autore, stesso sceneggiatore, nonché medesimo regista per un racconto di formazione (difficile da portare sul grande schermo) che ha il pregio di narrare il bene e il male dell’adolescenza che tutti abbiamo vissuto, forse fortunatamente con meno drammi. Ci sono molti, infatti, dei temi che compongono il quadro di questo importante «passaggio» della vita: l’amore, l’amicizia, la famiglia, la scuola, ma anche la morte, lo «sballo», il bullismo, la solitudine, il sesso. Charlie Kelmeckis vive a Pittsburgh nei primi anni Novanta, ha una buona famiglia, è un bravo ragazzo, «pulito», frequenta il primo anno di liceo; è intelligente con la passione della scrittura (unico vero sfogo), ma anche molto solo, deriso, segnato dalla morte della zia quando era piccolo e dal suicidio del suo unico amico. Nell’ora di «laboratorio» incontra il bizzarro e simpatico Patrik (Ezra Miller, già visto in «…E ora parliamo di Kevin»), dell’ultimo anno di liceo, che insieme alla bella sorellastra Sam (Emma Watson, conosciuta in «Harry Potter») divengono i suoi amati «mentori» per affrontare il dramma dell’esistenza che gli si presta davanti. Il tutto sottolineato da una vera e propria colonna sonora «vintage» (da Bowie agli Smiths), veicolo necessario per consegnare all’altro (nella compilation di una musicassetta) i moti dell’anima e i sentimenti più nascosti, quelli che nascondono i dolori dell’essere e quelli inesprimibili del cuore. Se lo sfondo della storia è tinteggiato dal colore rosso dell’amore, possiamo dire che questo a volte assume i toni più accesi dell’affetto e altre quelli più vivi del sangue. Senza, però, dimenticare anche quelli delicati della speranza, quando Charlie, all’affermazione del professore prediletto – «spesso accettiamo l’amore che possiamo meritare» -, chiedendo se «possiamo dire che meritiamo di più», si aggrappa all’accorata risposta: «È possibile provare». Un augurio sempre valido per tutti. A qualsiasi età.