Nel mezzo del massacro di Srebrenica, perpetrato nel luglio 1995 durante le guerre di dissoluzione della Jugoslavia, c’è una donna coraggiosa che cerca di tenere insieme il suo popolo e la sua famiglia. “Quo Vadis, Aida?” inventa i propri protagonisti ispirandosi a figure realmente esistite per raccontare però un frammento di storia duramente reale.

Di Gabriele Lingiardi

Quo vadis Aida?

Aida, è una traduttrice dell’ONU, il suo lavoro la porta al centro del conflitto nelle stanze dove si svolgono le contrattazioni e nei campi profughi. Il generale Ratko Mladić a capo dell’Esercito della Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina è entrato nella zona demilitarizzata di Srebrenica. Il Contingente incaricato di difendere la zona, è in netta minoranza e stenta fare da scudo verso i civili rifugiati. La regista Jasmila Žbanić ha creato con questo film un dramma appassionante e al contempo straziante. Ci porta a “zoomare” sui volti, nello splendido incipit e nel potente finale, come a dire che alla storia è assegnato il compito di raccontare i fatti, al cinema le persone. Seguendo la protagonista nelle sue fatiche e interminabili corse, ci troviamo catapultati in un mondo di incomunicabilità. Non serve che si traducano i messaggi, se le parole sono vuote. Lo sono gli ultimatum dell’ONU così come le promesse di clemenza delle milizie. Il film riesce perciò a essere duro, senza indugiare sulla violenza. Riesce a parlare alla pietà umana, al senso di solidarietà che crediamo ci accomuni ma che, nel momento dei fatti concreti, spesso diventa un silenzio assordante. Non sveleremo la conclusione, ma va annoverata come una tra le più emozionanti e significative degli ultimi mesi al cinema. C’è chi ci vedrà un segno di speranza, chi di profondo dolore. C’è un futuro dopo la guerra? “Quo Vadis, Aida?” è per questo cinema vero, che prende la realtà e la fa provare sulla pelle -al sicuro nella sala- dello spettatore.

Temi: massacro di Srebrenica, storia, guerra, parole, dialogo, famiglia, futuro, politica.