di Gianluca BERNARDINI

Vittoria-e-Abdul

Si può essere amici nonostante la differenza d’età, di sesso, di classe sociale, di etnia nonché di religione? Forse con qualche difficoltà, ma certo che sì, saremmo pronti a rispondere oggi. Non, a quanto pare, nel Regno Unito quando nel 1887 tra il giovane Abdul Karim (Ali Fazal), scelto per portare dall’India una medaglia alla regina Vittoria (la grandiosa Judi Dench), in occasione delle celebrazioni per il suo Giubileo d’oro, e l’anziana sovrana nacque un rapporto improbabile e del tutto speciale. Un vero scandalo di corte che venne per parecchio tempo nascosto, tanto che il figlio e successore al trono Edoardo VII, Bertie (Eddie Izzard), fece distruggere l’intera loro corrispondenza. Fu grazie ai diari intatti (poiché non sapevano leggerli) «hindustani» (13 volumi) della regina, che la giornalista Shrabani Basu, mentre faceva ricerche sulle origini del curry, scoprì e raccontò dell’amicizia tra la regina Vittoria e il suo mushi (maestro spirituale), come amava chiamarlo. È esattamente da questo libro, «La vera storia del confidente più vicino alla regina», che il regista e premio Oscar Stephen Frears («The Queen», «Philomena») trae il suo film «Vittoria e Abdul», presentato con successo, fuori concorso, all’ultimo festival di Venezia. Un racconto vivace, epico, in una Inghilterra vittoriana, adagiata sui propri successi, nonché piena di pregiudizi verso «l’altro mondo», scoperto e dominato. In questo scenario, ben ricostruito, brilla questa storia così umana e sincera che ha molto da dire ai «benpensanti» del nostro tempo che vorrebbero porre «confini» là dove non ci sono. Ciò che si ignora, infatti, spesso fa paura e si combatte. Solo la verità può portare luce e significato sull’ignoto. Frears lo fa con questo bel racconto, mettendoci pathos, sentimento e sorriso. Un film «atteso», per tutti, dalla prossima settimana anche nelle nostre sale.

Temi: amicizia, pregiudizio, cultura, religione, tradizione, scoperta, storia, Regno Unito.