Da Milano alle valli una presenza omogenea sul territorio, dai cineforum alle stagioni teatrali un'offerta culturale che sa distinguersi, a volte unica. E le parrocchie sono vicine

di Maria Grazia CAZZANIGA

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Un tempo li chiamavamo cinema parrocchiali, oggi Sale della comunità. Un cambiamento nel nome che non è solo formale, ma rispecchia un’evoluzione del ruolo della Sala della comunità nel progetto pastorale della Chiesa. Le strutture che fino a qualche anno fa si limitavano a proiettare film o a ospitare spettacoli teatrali oggi sono strumento di un più ampio progetto pastorale e di evangelizzazione. Il cambiamento è stato sancito ufficialmente nel 1999 dalla Nota pastorale della Cei intitolata La Sala della comunità: un servizio pastorale e culturale, che recita fra l’altro: «Tra le strutture di una comunità parrocchiale un posto di grande rilievo assume la Sala della comunità». La Nota riconfermava la rilevanza guadagnata sul campo in più di 50 anni di presenza attiva nel territorio. La realtà delle Sale della comunità è ampia e variegata sia nei numeri, sia nella diffusione territoriale, sia nelle proposte culturali che offre. Se ne contano circa mille in Italia (per quanto riguarda i cinema, significa un terzo degli schermi totali attivi presenti nel nostro Paese): la Lombardia si conferma una delle aree dove il fenomeno ha trovato il maggiore radicamento. Da un recente censimento dell’Ufficio comunicazioni sociali della Diocesi di Milano, le Sale risultano essere più di 200 in tutto il territorio della diocesi, quasi tutte attive. Il dato più interessante è la capillarità della loro diffusione in diocesi, con una presenza omogenea da Milano città (circa il 20% del totale) alle valli montane.

Risorsa preziosa

Il collocamento territoriale è, insieme alla natura e ai bisogni della comunità in cui sono inserite, l’elemento che più plasma le caratteristiche della proposta culturale delle singole Sale. A Milano le Sale della comunità sono una risorsa preziosa soprattutto per i cineforum che offrono possibilità di dibattito e confronto, e per le compagnie teatrali amatoriali, che lì trovano una casa e un pubblico. Fuori città le Sale, soprattutto in Comuni di piccole dimensioni, sono una delle poche o l’unica agenzia culturale del territorio, nonché un luogo di aggregazione e crescita per chi le frequenta, sia da spettatore che da volontario. Molte di queste Sale hanno nel contatto con le associazioni e il Comune un forte elemento distintivo, che permette loro di ampliare notevolmente l’offerta culturale, ospitando mostre, conferenze, spettacoli che non avrebbero altrimenti spazio. Una realtà radicata, ma tutt’altro che immobile. Lo dimostra la scelta di alcune parrocchie di investire nella ristrutturazione della propria Sala della comunità. Questo fenomeno è segno certo della pressante necessità di adattare la struttura delle Sale agli standard di sicurezza e comfort – anche per rimanere competitivi in un mercato che è sempre più difficile, non solo a causa della crisi economica -, ma è anche avvisaglia della consapevolezza delle nuove sfide che attendono le Sale. Tra queste, il moltiplicarsi dei multiplex, che ha intaccato gli equilibri delle Sale della comunità e ha portato a una flessione del numero di spettatori. Questo fenomeno non ha però avuto solamente effetti negativi sulle Sale, perché ha consentito un generale ripensamento della presenza nel mercato cinematografico e nel territorio, incrementando la consapevolezza del ruolo a cui sempre più sono chiamate le Sale. Lo ha ricordato monsignor Roberto Busti, presidente dell’Associazione cattolica esercenti Sale, che raccoglie le Sale della comunità di tutto il territorio nazionale, in occasione del 60° anniversario dell’associazione: «La Sala della comunità è uno spazio aperto alle sollecitazioni che provengono dall’esterno, ma capace di non perdere in identità; è anche disponibilità a ospitare processi di metabolizzazione e di incorporazione delle istanze espresse dal contesto sociale all’interno di un determinato sistema di valori di cui la parrocchia è emblema, geograficamente e simbolicamente prossimo alla Sala della comunità».