di Gianluca BERNARDINI

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«Dio non si mette da parte», soprattutto quando la nostra coscienza è chiamata in causa, sia per dovere professionale sia per credo o, addirittura, per scelta religiosa. Una vera provocazione messa al centro nel racconto di Anne Fontaine nel film «Agnus Dei», ispirandosi agli scritti di Madeleine Pauliac, medico della Croce Rossa francese, che nel 1945 in Polonia soccorse in segreto alcune monache violentate dai soldati dell’Armata sovietica e rimaste incinte. Un dramma tenuto nascosto, forse per molto tempo, che getta luce, purtroppo, sulle guerre di oggi dove ancora si perpetuano simili atrocità nei confronti delle donne. Mathilde (Lou de Laâge), giovane dottoressa, molto dedita al suo lavoro, nonché atea e comunista, viene a contatto con una novizia polacca che le chiede di intervenire in soccorso del suo convento. Ad un primo diniego, poiché suo compito è curare solo i sopravvissuti francesi, si lascia convincere dalla richiesta (bellissima la scena della finestra). All’arrivo in monastero, nonostante le durezze della badessa e la vergogna delle monache, ben presto si accrediterà la fiducia di queste ultime e aiuterà le gestanti a partorire. In particolare la relazione di amicizia che instaureranno Mathilde e suor Maria (Agata Buzek), pur trasgredendo le regole (aspetto interessante), farà luce sull’accaduto e salverà la vita di molte di esse nonché dei bambini. Un orrore indicibile che, grazie alla regia della Fontaine, prende sempre più forma sullo schermo, mantenendo un certo rigore e rispetto. «Agnus Dei» scava così non solo nella storia, ma anche nell’anima delle protagoniste: anima «stuprata», pur essendo stata donata a Dio, tradita dalla violenza dell’uomo, nonché dal male che è riuscito a penetrare le mura della clausura. Tante le domande messe sul piatto: non solo quelle che raggiungono le nostre orecchie, perché esplicite nel racconto, ma anche quelle che arrivano a toccare il nostro cuore da una visione che scava dentro. Vere e proprie provocazioni che mandano in crisi le nostre convinzioni (martirio o orgoglio?), la coscienza (cosa era più giusto fare?), nonché la nostra stessa fede («la fede: sono ventiquattro ore di dubbio e un minuto di speranza»). Un film di una bellezza disarmante (nel vero senso del termine). Perché anche dentro l’orrore esiste sempre un barlume di bene, come del resto ci ricorda suor Maria: «Dietro ogni gioia c’è una croce».

Temi: guerra, violenza, male, vocazione, vita, maternità, fede, coscienza.