Un ritratto dell’adolescenza

di Gianluca BERNARDINI

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Tradurre è sempre un po’ tradire. Anche quando, con tutte le buone intenzioni, si tratta di mettere sullo schermo un bestseller come quello di Alessandro D’Avenia che ha appassionato non solo centinaia di adolescenti, ma anche i loro professori nonché genitori. Lo si aspettava da tanto «Bianca come il latte rossa come il sangue» ed eccolo nelle sale in questi giorni. Realizzato dalla Lux Vide per mano di Giacomo Campiotti, che torna al cinema dopo «Mai + come prima» (2005), il film parte dalla vicenda di Leo (il sempre più bravo Filippo Scicchitano di «Scialla»), svogliato sedicenne sui banchi di scuola che scopre l’amore per una ragazza del «quarto anno»: Beatrice (Gaia Weiss), dai lunghi capelli rossi, bella e irraggiungibile, ma soprattutto con un male dentro, la leucemia, che le sta portando via i suoi giorni più belli. Per Leo è lei la sua musa dantesca, il suo sogno, quello stesso che confida all’amica di sempre che tutti vorremmo, segretamente innamorata di lui dalle medie, Silvia (la credibile Aurora Ruffino, già vista in «La solitudine dei numeri primi»). Non c’è altra passione ora per Leo: né la scuola, né il calcio, né la famiglia. Solo un giovane supplente, soprannominato «il sognatore» (l’ormai noto Luca Argentero), riesce a comprenderlo e ad accompagnarlo in questo drammatico passaggio della vita che è l’adolescenza; quella tinta di rosso come l’amore, ma velata dal bianco che sembra minacciare ogni piccolo slancio di felicità. Scritto (da Bonifacci insieme allo stesso D’Avenia) e diretto (dal cineasta varesino) con creativa fantasia, a misura di ragazzo (ci sono pure le canzoni dei Modà), il plot regge poiché l’intento e lo spirito del romanzo è il medesimo. I temi ci sono tutti: l’amore, il sacrifico, la morte, la speranza, Dio (chiamato «fin», secondo il linguaggio del T9 negli sms)… Ma ce n’è uno, dal sapore pasquale, che brilla sugli altri: il dono di sé. Non solo quello che Leo manifesta apertamente, ma anche quello dell’amica Silvia, del «prof», della stessa Beatrice. «La vita – ci ricorda del resto “il sognatore” – è come un incontro di boxe: importante è non tirarsi indietro».