Nel 2008 “Valzer con Bashir” di Ari Folman apriva una nuova strada al cinema. Era infatti un esperimento di successo: un documentario di animazione, in cui il massacro di Sabra e Shatila veniva ricordato attraverso le testimonianze dei commilitoni del regista. Le memorie disegnate e messe sullo schermo rappresentavano l’orrore filtrandolo con il tratto pittorico alla ricerca di verità.
Di Gabriele Lingiardi
![Flee film](https://www.sdcmilano.it/files/2022/03/coverlg_home-3.jpg)
“Flee” di Jonas Poher Rasmussen segue la storia di Amin Nawabi, un trentenne danese nato in Afghanistan e compagno di classe e di infanzia del regista. Attraverso quella che sembra una seduta psicanalitica condotta attraverso il cinema, si ritorna indietro nei suoi duri anni d’infanzia.
Continue migrazioni, prima a Mosca, poi verso la Svezia, e deportazioni mostrate con il solo filtro del disegno animato. Il film infatti non fa sconti: mettendo in scena i traumi del giovane ragazzo omosessuale (e quindi con tutte le difficoltà nel farsi accettare e gli odi che l’hanno colpito) graffia anche l’indifferenza occidentale. Più che mai attuale “Flee” alterna il passato e il presente del protagonista con vere immagini di guerra. La voce che ascoltiamo è quella autentica di Amin, che oggi è un professore universitario, attorno a cui si esprimono inquadrature che sembrano provenire direttamente dalla sua anima per come i disegni esprimono le emozioni provate in quei momenti.
Candidato agli Oscar di quest’anno come miglior documentario, film internazionale e film d’animazione (nessuno ha ma ottenuto queste nomination contemporaneamente) “Flee” è soprattutto una riflessione sull’identità e il valore di ciascuno. Parte da quella singola del suo protagonista per arrivare a interrogarci su cosa siamo noi come collettività. Lo fa senza retorica e alla giusta distanza, diventando così una visione che non si dimenticherà facilmente.
Temi: identità, guerra, migrazioni, famiglia, amicizia, documentario, ricordo, traumi e infanzia