Fratelli e nemici si confrontano e si ritrovano

di Gianluca BERNARDINI

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«Guarda: Isacco e Ismaele, i due figli di Abramo», dice Yacine al «fratello» Joseph mentre si preparano allo specchio per uscire insieme. Fratelli non proprio, a dire il vero, o meglio: nati nello stesso giorno, nello stesso ospedale e scambiati, per errore, nella culla. Uno musulmano studia a Parigi per diventare medico, l’altro ebreo coltiva il desiderio di fare il musicista: cresciuti per diciotto anni ognuno nella rispettiva famiglia dell’altro. Una verità dura da accettare se ti ritrovi a Tel Aviv o nei territori occupati della Cisgiordania, separati da un muro fatto non solo di pietre, ma di differenze culturali, religiose, sociali e politiche. Parte dalle analisi del sangue (incompatibili con quelle dei genitori) di Joseph che vuole entrare nel servizio di leva l’intimo racconto di Lorraine Lévy. Atea, ma di origine ebrea, la cineasta francese, cresciuta a teatro, mette in scena un vero e proprio dramma familiare. Senza emettere giudizi, ma anche senza nascondimenti, «Il figlio dell’altra», composto da un cast multietnico, ci ricorda, attraverso una storia intrisa di poesia, la difficile convivenza di due popoli fratelli e nemici. Ci sono tutti i preconcetti, così come tutte le sofferte ragioni del vivere in un luogo senza pace, in questo piccolo film, ma vi è pure una sincera speranza. Se da una parte sono gli uomini, i padri, chiusi in se stessi ad aver maggiori difficoltà per un incontro, sono invece le donne, le madri, grazie alla loro natura, a metterci il cuore per abbattere ogni indebita barriera. Grazie alla giovane età, e forse proprio alle loro «due» mamme, Yacine e Joseph si confrontano e si ritrovano. L’uno messo di fronte allo sguardo dell’altro («sono il peggior nemico e devo volermi bene»), con un destino che avrebbe potuto essere quello dell’altro, essi ci lasciano intendere che anche il mio peggior nemico è sempre un uomo e, come afferma la regista, che «l’altro ci somiglia più di quanto immaginiamo, persino quando sta sul fronte opposto». Non suonano così strane, allora, le parole di Cesare Pavese quando diceva: «Segno certo d’amore è desiderare di conoscere, rivivere l’infanzia dell’altro».