Da qualche anno i registi cinematografici sembrano avere bisogno di parlare di sé di fronte a uno schermo come sul lettino di uno psicanalista. Vogliono confidarci i loro pensieri, mettere in scena la propria vita.

Di Gabriele Lingiardi

Il ritorno di Casanova

C’è stato Spielberg con l’autobiografico The Fabelmans, Sorrentino ha messo tanto di sé in È stata la mano di Dio, Kenneth Branagh con Belfast e James Grey si è messo dentro Armageddon Time, ora in sala. Gabriele Salvatores mette due storie ne Il ritorno di Casanova. Una è quella del romanzo di Arthur Schnitzler del 1918 in cui il seduttore libertino ritorna, ormai con cinquantatré anni sul volto, nella sua Venezia. Ha un’ultima missione: sedurre una giovane appena incontrata. Confermare di non aver perso lo slancio di gioventù. In parallelo, nella seconda trama, Toni Servillo interpreta Leo Bernardi, un regista in crisi di vita che sta girando proprio il film su Casanova. Facile rivedere Salvatores stesso (anche se lui dice di non avere troppo in comune).

Qui il montaggio cinematografico permette di avvicinare realtà e finzione. Così l’artista si rivede nel personaggio, e cerca di inseguirlo nell’ossessione verso una gioventù che sta prendendo il suo posto nel mondo. Ambizioso e cinefilo, il film è il più riuscito di Salvatores da molti anni a questa parte. Al bianco e nero (irreale) della fotografia affida la realtà, mentre rappresenta il cinema a colori. Riflette infatti sul film come strumento per fermare il tempo e si lancia in citazioni a Fellini, Tatì, Bergman, Banksy, Hitchcock, Kubrick.

La provocazione più riuscita è però sotto forma di un duello di spade tra due corpi, uno giovane e uno affaticato dall’età. Siamo pronti al confronto con il nostro doppio? Con grande intelligenza il regista lascia allo spettatore la risposta, rendendo così la sua opera come un flusso di coscienza in grado di dialogare bene anche dopo la visione. Quello che abbiamo di fronte è un vecchio al tramonto che sta cercando un’uscita gloriosa, o è un vecchio che può dire con orgoglio “io sono (stato) Casanova”? Si esce dalla sala con un grande amore per il tempo che ci è concesso.

Temi: giovinezza, invecchiamento, cinema, ispirazione, doppio, crisi, arte, corpo