Un film di Ken Loach. Con Barry Ward, Simone Kirby, Jim Norton, Andrew Scott, Francis Magee. Titolo originale: «Jimmy’s Hall». Drammatico, durata 109 minuti - Gran Bretagna, Irlanda, Francia 2014. Bim

di Gianluca BERNARDINI

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Partiamo subito da una domanda fondamentale: «Jimmy’s Hall» è un racconto di una vita esemplare o la messa in scena di temi che stanno molto a cuore a Loach, come la lotta di classe, contro il potere, qualunque esso sia, che mortifica l’uomo e la sua libertà? Potremmo dire che forse ambedue le ragioni si intrecciano nell’ultimo film presentato in concorso allo scorso Festival di Cannes dal grande regista londinese, ma anche, come egli stesso afferma, perché «è sempre fondamentale tornare indietro nella storia perché la storia ci dice chi siamo, perché siamo a questo punto, cosa sia possibile nel futuro». Irlanda 1932, Jimmy Gralton (Barry Ward) torna dagli Stati Uniti nel suo villaggio dopo un’assenza di dieci lunghi anni, quando di corsa dovette lasciare il Paese, dopo la guerra d’indipendenza con la Gran Bretagna, accusato di promuovere spettacoli disdicevoli e del fatto di essere «comunista»… Tutto sembra immutato, gli stessi amici, il lavoro in campagna, l’affetto di una madre che l’ha cresciuto libero e intelligente, l’amore di un tempo Oonagh (Simone Kirby), anche se ora sposata e con prole. Solo la sala da ballo (simbolo di libertà) e di ritrovo creativo, da lui stesso voluta, è stata chiusa. I giovani del paese lo spronano a riaprirla. Il progetto avrà di nuovo contro i poteri forti, la Chiesa, preoccupata di perdere l’ordine morale, ma alleata col governo e i grandi proprietari terrieri. Tra scontri e confronti, lo spirito di Jimmy si diffonderà tra i compaesani, alla ricerca della propria libertà, soprattutto umana e intellettuale. Tratto da un’opera teatrale di Donal O’Kelly, Ken Loach dopo «Il vento carezza l’erba» (2006) torna, con il suo tocco da «maestro», con il suo film in Irlanda per mettere al centro ciò che per l’uomo non solo è cosa preziosa, ma risulta essenziale e da preservare: poiché solo noi, come Jimmy stesso ci suggerisce, «dobbiamo tornare ad essere padroni delle nostre vite». È una questione di coscienza. Dove chi ne detiene il primato, anche di fronte a Dio (o da chi ne rappresenta in qualche modo l’immagine), resta sempre e soltanto l’uomo. Il singolo, ovvio, nelle sua responsabilità. Anche di fronte al Creatore. Bella pertanto, dopo una parte di chiara denuncia del «potere temporale» del tempo, l’apertura del vecchio parroco (accennata) e del suo giovane collaboratore (più sottolineata) che lascia trasparire ancora una volta un richiamo all’ascolto: «Padre, quand’è l’ultima volta che ha ascoltato?». Segno dei tempi, nonché speranza della Chiesa di oggi e, ci auguriamo, di domani.

Temi: famiglia, coscienza, libertà, potere, lotta, ballo, politica, comunismo-fascismo.