di Gianluca BERNARDINI

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«C’è una crepa in ogni cosa. Ed è da lì che entra la luce» diceva Leonard Cohen. Lo sa bene Pauline (Clémence Poésy), insegnante di ballo, che per caso un giorno incontra su un autobus di Parigi Matt Morgan (il grande Michael Caine), americano signore maturo che, nonostante abbia perso da qualche anno la moglie, non si è ancora separato del tutto dall’idea di averla ancora con lui (tanto da sentirla «viva» ogni giorno). Era tutta la sua vita; per lei si era pure trasferito in Francia. Paese che ora non vuole abbandonare nonostante i figli, soprattutto Miles (Justin Kirk) che fa di tutto per convincerlo, lo vogliano riportare in Usa. Per mister Morgan accade però da questo incontro («sano caos») l’impensabile: il sole torna a risplendere dalle fessure del suo dolore. Grazie all’intraprendenza e la radiosità della giovane ragazza, egli comincia a riprendere fiducia in se stesso e soprattutto nella vita. Sandra Nettelbeck, ispirandosi al romanzo «La douceur assassine» di Francoise Dorner, porta in scena una storia di amore e di amicizia, tinta di speranza. Senza particolari virtuosismi di regia, il lungometraggio ha il pregio di raccontare la «sana imprevedibilità» dell’esistere. Non c’è nulla mai di così assodato e sicuro nella propria esistenza, persino il dolore. A volte basta assecondare uno sguardo, una parola, un gesto per poter piano piano «risorgere» dalle proprie macerie. Questo vale soprattutto per mister Morgan, per suo figlio Miles, per Pauline, ma anche per noi che a volte non sappiamo alzare gli occhi dalle nostre preoccupazioni e miserie, lasciando che siano solo le nuvole ad abitare i nostri giorni. Un film «intimo», a tratti divertente, che sa (ri)dare luce (mentre si aprono le finestre sui bei scorci parigini o di campagna) e gioia (il ballo, un’altra bella metafora) anche quando sembra che la notte cali irreversibilmente sui nostri mondi. Dal Festival di Locarno una piacevole sorpresa.

Temi: amicizia, amore, lutto, solitudine, vita, resurrezione, rapporto padre-figlio.