di Gianluca Bernardini

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Ci sono battaglie che sei chiamato a combattere nella vita se non vuoi soccombere. Quelle che a un certo punto ti spingono a tirar su le maniche e a raccogliere tutte le forze che puoi. Che siano sul lavoro o che siano a casa, non ci si può esimere. Perché hai responsabilità a cui devi rispondere.
Ci sono colleghi che guardano a te, hai un capo esigente e nello stesso tempo una famiglia a carico che domanda la tua presenza di marito e padre. Può succedere però che ad un certo punto, come nella catena di montaggio, qualcosa si inceppi: un collega si toglie la vita e tua moglie fugge da casa senza che tu ne capisca il perché.
Ciò che sembrava funzionare si interrompe bruscamente e ti ritrovi così a fare i conti con quello che resta: un lavoro disumanizzante (occorre rendere alla stregua di una macchina) che ti chiede sempre di più e due figli piccoli a carico a cui pensare.
Una storia, forse, come tante quella di Olivier (un perfetto Romain Duris) che ne «Le nostre battaglie» viene raccontata da Guillaume Senez, con grazia, senza indulgere nel patetico. Alla stregua del cinema dei Dardenne, il regista belga riesce così a mettere in scena una storia fatta di sottrazioni, capace di soffermarsi sull’umanità ferita del protagonista che poco per volta risale la china. Un film asciutto, ma profondo, abile nel narrare egregiamente i non detti, attraverso la potenza delle immagini. Perché tutto non può essere messo in mostra, ci sono fuori campo che restano tali, ma sono più che eloquenti. Un dramma familiare, uno dei tanti, forse, ma reale sul quale riflettere. Se non altro per non cadere sconfitti nelle sfide della vita. Da vedere.

Temi: lavoro, famiglia, abbandono, lotta, resistenza, risalita, vita.