di Gianluca BERNARDINI

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«Chiunque ti dica di sapere di cosa Predestination parli… sta mentendo», così afferma Ethan Hawke, l’agente protagonista dell’ultimo film dei gemelli Michael e Peter Spierig che «girano» insieme dall’età di dieci anni, da quando hanno scoperto la videocamera del padre. Il film, tratto dal racconto «Tutti i miei fantasmi» (1959) di Robert A. Heinlein, si svolge, infatti, su diversi piani temporali molto complessi da decifrare. Attraverso una serie di viaggi nel tempo e nello spazio un incaricato governativo per la sicurezza nazionale, al suo ultimo incarico, si trova alle prese con un criminale che sembra sempre sfuggirgli di mano. Nel ruolo di barista, una sera conosce una cliente, «la madre nubile» (Sarah Snook), la cui incredibile vita nasconde verità sul proprio destino. Mentre si intrecciano le tematiche di fondo sull’identità e il problema di un individualismo sempre più radicale, il film dei due registi australiani risulta essere un vero e proprio «rompicapo» fantascientifico. Se da una parte tiene incollato lo spettatore alla trama, dall’altro lo provoca continuamente sul significato di ciò che accade sullo schermo. È così vero che tutto segue una logica consequenzialità? Se si potesse tornare realmente indietro nella storia, come sarebbe la nostra vita? Dove si inserisce lo spazio del libero arbitrio nella nostra sorte? Se l’intento del film era quello di creare un senso di «spaesamento», possiamo dire che ci sono riusciti alla grande. Resta tuttavia una domanda: è assolutamente vero, come afferma il protagonista, che la verità è più strana della finzione? Proviamo a rispondere dopo aver visto «Predestination». Sicuramente per amanti dei labirinti mentali.

Temi: futuro, tempo, destino, salvezza, fantascienza, libero arbitrio, rapporto realtà-finzione.