di Gianluca BERNARDINI

Se il film vincerà l’Oscar non lo sappiamo ancora, nemmeno se il premio se lo aggiudicherà Leonardo Di Caprio come protagonista in questa sua magistrale (non unica e nemmeno la migliore) opera attoriale. Sta di fatto che Alejandro Iñárritu ci consegna con «Revenant – Redivivo» più che un prodotto di genere «western», una storia di «sopravvivenza», ispirata a fatti realmente accaduti, dentro un mondo di cacciatori, soldati e mercenari di pelli, agli inizi del diciannovesimo secolo nella frontiera americana. Hugh Glass (Di Caprio) è il leggendario esploratore che conosce molto bene il territorio e gli indiani che vi abitano, tanto da aver avuto pure una compagna indigena, morta troppo presto, e un figlio, Hawk (Forrest Goodluck) che ama profondamente. Di ritorno da una spedizione, Glass verrà aggredito brutalmente da un orso. Ferito gravemente e immobile, mentre la comitiva desidera portarselo appresso, John Fitzgerald (Tom Hardy), l’antagonista, deciderà, con la scusa di assisterlo, di abbandonarlo morente lungo il cammino, non senza prima aver ucciso il giovane Hawk. Per Glass lo spirito di vendetta sarà una spinta in più per farsi forza, e lottare contro ogni limite per farsi giustizia. Il grande cineasta di origini messicane, dopo il successo di «Birdman», porta in scena un ambizioso progetto sognato per oltre cinque anni. Un film che mette «a nudo» non soltanto il protagonista, ma anche la nostra coscienza che si domanda fino a che punto si è disposti a lottare per un fine (poco importa che sia buono o meno) o meglio come lui stesso ci suggerisce: «Chi siamo quando veniamo spogliati di tutto? Di cosa siamo fatti e di cosa siamo capaci?». Una storia epica, ma assolutamente moderna, soprattutto nel modo con cui è girata. Con quello stile di Iñárritu che non ci risparmia carneficine, scarnificazioni e suture chirurgiche, ma che sa dare parola ai silenzi e soprattutto alla natura qui ben rappresentata, che sul grande schermo apre ad orizzonti infiniti (fotografia eccellente). Non manca nemmeno l’aspetto onirico, più volte rappresentato, che diventa non solo spinta motivazionale ma oggetto di tenerezza infinita, come quando tra le rovine di una chiesa distrutta, ma ben riconoscibile nei suoi tratti essenziali, Glass riabbraccerà suo figlio. Preludio, forse, di quella frase che anche nella locandina fa da sottotitolo: «La vendetta è nelle mani di Dio».

Temi: lotta, indiani, sopravvivenza, vendetta, affetti, speranza, natura.