Restare e cambiare le cose a rischio di morire o partire senza guardarsi indietro, abbandonare tutto, verso la salvezza? Un dilemma che sembra riguardare il dibattito presente sui migranti. Invece riguarda tutti, come dimostra la sceneggiatura di “Women Talking - Il diritto di scegliere”.

Di Gabriele Lingiardi

Women Talking parliamone con un film

È una scelta che si presenta a chiunque soffra per mano altrui e, in questo caso, coinvolge un gruppo di donne. Il film di Sarah Polley è ispirato dall’omonimo libro a sua volta ispirato da una storia vera. Di autentico rimangono soprattutto i temi. Siamo nel 2010 in una colonia di mennoniti che vivono lontani dal progresso in un 1800 perenne. La comunità femminile si ritrova in gran segreto per deliberare le azioni a seguito di fatti sconvolgenti. Tutte loro sono state sistematicamente violentate. Drogate di notte, non si accorgevano di nulla fino al mattino. I lividi e le gravidanze sono state giustificate per anni come un miracolo voluto dal Signore. Un incipit brutale che permette a “Women Talking” di usare il dialogo tra donne (come da titolo) per riflettere sulle istanze femministe emerse in epoca “me too”. La fotografia dai colori spenti incornicia una messa in scena teatrale fin troppo didascalica che alle sfumature preferisce il perseguimento della propria missione. Di uomini ne vedremo solo uno, August, che controbilancia l’assenza di tutti gli imputati. Maschi mostruosi, il cui ritorno alla colonia aleggia come una sentenza: la decisione di scappare o restare non può più essere rimandata. Manicheismi a parte, il film riesce grazie a un grande cast femminile (Claire Foy, Jessie Buckley, Rooney Mara, Frances McDormand) a renderci partecipi di dilemmi a cui tutti – e non solo le donne – dovrebbero dedicare tempo ed emozioni. C’è un grande pacifismo che incornicia il dibattito delle protagoniste, e una grande fiducia nell’insegnamento come capacità di spezzare le catene della violenza. Quando il film arriva a questo punto, ci si accorge di quanto l’audiovisivo parli di violenza e molto meno della cultura della violenza. Non mancano sequenze emozionanti, in un film che sembra fatto per l’otto marzo, ma forse andrebbe dibattuto nelle scuole tutti gli altri giorni.

Temi: violenza sulle donne, oppressione, fuga, diritti, religione, società patriarcale, insegnamento, cultura