Alcune considerazioni sui premi Oscar 2023 da poco assegnati che hanno visto trionfare Everything Everywhere all at Once.

Oscar 2023

Contrariamente all pensiero comune, gli Oscar sono un premio poco significativo per analizzare la qualità generale delle opere cinematografiche dell’anno. Sono invece lo specchio delle tendenze interne all’industria, delle mode, delle ricerche tematiche e stilistiche fatte dagli autori.Le votazioni sono il frutto di pressioni e di pesi e contrappesi in una giuria molto ampia.Non sempre quindi vince il migliore, ma il vincitore racconta sempre molto della direzione intrapresa dal cinema.

Everything Everywhere all at Once, assoluto trionfatore dell’edizione 2023 con 7 Oscar è una storia molto moderna di multiversi (dimensioni alternative da cui la protagonista accede ai poteri delle sue varianti), di faide famigliari (la nemica è una figlia non capìta dalla madre) e di divari culturali. Comunica molto di più al pubblico statunitense che vede una forte e complessa integrazione delle seconde generazioni di asioamericani nel suo tessuto sociale. Per noi europei quello che appare agli occhi è un film sovrabbondante che usa il linguaggio dei cinecomic pur facendone quasi una parodia. La differenza è che questo genere, essendo prevalentemente rivolto ad un pubblico giovane, riesce a parlare degli stessi temi complessi con una maggiore semplicità di linguaggio e quindi con più efficacia.

Grande successo anche di Niente di nuovo sul fronte occidentale con molti premi di peso. Una fotografia, non troppo originale, sull’alienazione della guerra e la perdita dell’anima. Commuove The Whale, premiato per il trucco e il miglior attore protagonista è la toccante parabola di un uomo gravemente obeso. Ha poco tempo da vivere se non si farà ricoverare. Nella sua casa arrivano tre persone a lui legate per cercare di salvarlo. Scontato il premio per migliori effetti speciali al secondo Avatar, in cui la guerra per il pianeta Pandora si mischia con i guai di una famiglia.

Questi quattro film hanno una cosa in comune: denotano tutti il bisogno di ricerca di un invisibile. Sono film che parlano di anima con il linguaggio dell’animismo, di preghiera rappresentando la meditazione, di perdono mettendo in scena i drammi con violenza, e di pace raccontando la guerra. Questi Oscar ci dicono in una maniera molto laica e apparentemente aconfessionale che il cinema ha ancora voglia di indagare le domande ontologiche offrendo anche risposte. Il migliore era però The Fabelmans di Steven Spielberg. Non stupisce che sia rimasto senza premi. È l’unico infatti tra i dieci candidati che ha scelto di raccontare una vita, non di spiegarla.