È cominciata la Stagione teatrale 2025-2026 del Teatro Blu di Milano. Sara Santucci, 27 anni, racconta il suo secondo anno alla direzione della Sala in quartiere Maggiolina tra spettacoli e corsi: «Vogliamo che il Teatro sia luogo dove si viene per farsi delle domande. Insceniamo la tragedia della violenza, ma vogliamo parlarne anche attraverso quello che ci unisce.»
di Giovanni Bonzanino
Prologo
Milano, novembre 2025 – Arrivo venerdì pomeriggio al Teatro Blu. Davanti al sagrato della chiesa, qualche bimbo accompagnato dalla nonna scorrazza ridendo con il giubbino slacciato. Sara mi aspetta davanti alla rampa che si percorre per raggiungere il Teatro. Mi saluta e mi fa strada per il foyer, una sala luminosa e ordinata tappezzata di manifesti.
Il suo ruolo all’interno della struttura è nuovo e la responsabilità non è da poco: a soli ventisei anni è stata scelta per guidare uno storico presidio culturale del quartiere, ereditando la direzione da chi se ne è occupato per decenni. Quando iniziamo l’intervista, il suo volto è sorridente, non lascia trasparire il peso di questo incarico. E le chiacchiere mi confermano quello che il suo sorriso suggerisce: questa per Sara è una sfida da affrontare con determinazione e senza paura.
Atto I – Il nuovo ruolo
Oggi Sara Santucci, 27 anni, è la nuova direttrice del Teatro Blu di Milano, ma nella chiacchiera che ci siamo fatti mi ha raccontato che a teatro era di casa già da bambina. Dagli spettacoli a cui i genitori la portavano alla scuola di Musical a Milano, dopo il liceo decide di buttarsi e iscriversi a un’accademia di recitazione a New York. «I corsi sono partiti da remoto a causa della pandemia, ma dopo qualche settimana ho potuto prendere il volo. È una città fantastica per studiare,» racconta. «Non solo per la lunga tradizione di teatro, ma perché si incontrano studenti da tutto il mondo.» Dopo l’accademia rimane a New York , il posto perfetto per farsi le ossa su palcoscenici diversissimi tra loro. È bellissimo, ma mi confessa anche di essere arrivata dopo un po’ di tempo a una conclusione: il teatro non vive solo lì. Vuole tornare a vedere cosa accade in Italia, in Europa e nella sua città.
Può contare sul suo collettivo, Theatre Turnings, un progetto indipendente dedicato a una ricerca teatrale che sia di qualità ma accessibile a tutti. È così che arriva a convincere la Parrocchia Sant’Angela Merici – proprietaria del Teatro Blu – ad affidarle nel 2024 la direzione artistica.
L’ingresso nel ruolo è però tutt’altro che solitario. «Ho avuto la fortuna di essere guidata i primi mesi da Susanna – la precedente direttrice – che mi ha passato un testimone molto prezioso. E poi c’è il team di volontari, un patrimonio umano incredibile.»
Dirigere il Teatro Blu, oggi per lei, significa soprattutto imparare. «Da attrice conosci una parte del lavoro. Quando ti occupi di gestire la struttura capisci quante cose succedono dietro il sipario: si lavora in squadra per la parte organizzativa, quella artistica, i rapporti con le compagnie e con il territorio. È un lavoro immenso.» Ci soffermiamo a lungo su questo tema. Io sostengo che a volte il protagonismo che viene richiesto ai giovani sia poi in realtà ostacolato proprio a causa dell’età. Sara ribatte che il supporto è troppo prezioso perché sia messo in secondo piano, anzi rivendica la necessità di ascoltare chi ha più esperienza. «L’anzianità professionale merita credito, non c’è storia. Ma a volte chi lavora da tanti anni in un certo modo fa fatica a vedere soluzioni nuove. E per rispondere a nuovi problemi il dialogo tra generazioni diventa fondamentale.»
Atto II – La nuova stagione
Dopo un primo anno di sperimentazione per capire come dialogare con il pubblico, la stagione 2024-25, il Teatro Blu va in scena ora con la sua seconda rassegna ufficiale: “Tracce di Umanità”. Un titolo scelto in un momento delicatissimo, sottolinea Sara, insieme alle insegnanti dei corsi e al gruppo di Theatre Turnings. «Era troppo schiacciante. Avevamo bisogno di uno sguardo umano per affrontare ciò che stavamo vivendo: la violenza nei conflitti e nei discorsi, ma anche il desiderio di pace e di rivalsa. Perché il teatro serve a questo: ci ricorda che siamo umani.»
La programmazione riflette questa tensione morale e poetica. Varietà nella composizione delle compagnie, nei temi e del tipo di spettacolo: dalla disobbedienza civile di un’Antigone ambientata a Tel Aviv, a lavori che affrontano la lotta alle mafie, le ferite del colonialismo o la fragilità delle relazioni, come Le Notti Bianche con Fabrizio Bordignon, la storia di un amore che sceglie di non possedere.
Una parte importante della stagione mette al centro le donne: autrici, interpreti, registe. «Avevamo già dedicato la nostra prima rassegna, l’anno scorso, a questo tema per un motivo: in Italia più della metà degli spettatori e più della metà dei diplomati nelle accademie teatrali sono donne. Eppure le attrici e le direttrici artistiche sono molto meno del 50%. Era giusto sbilanciare l’ago.».
Nella sezione per famiglie Le Mirabolanti avventure di Pazzerello, una storia tenera e originale scritta da un papà insieme al figlio che parla di infanzia e disabilità, il racconto di uno specchio stanco di riflettere gli altri senza mai potersi guardare. Non mancano lavori che giocano con linguaggi nuovi, come la giovane compagnia sarda che usa (letteralmente) orsetti gommosi in scena.
Atto III – La Tempesta
Questo fine settimana, il secondo spettacolo della nuova stagione sarà l’adattamento de “La Tempesta – O Cieli o Terra”, in scena domenica 30 novembre, ore 16:30. Non una semplice messa in scena del classico di Shakespeare, ma una totale riscrittura ambientata sull’enorme isola di plastica che galleggia nell’Oceano Pacifico. «Abbiamo fatto quello che non si dovrebbe fare (ride, Nda), abbiamo preso il testo di un gigante e lo abbiamo reso un’altra cosa,» spiega Sara. «Shakespeare parla alla nostra umanità, sempre. Quello che ci interessava erano il rapporto tra uomo e natura e l’illusione dell’uomo di avere il controllo. Non potevamo non pensare al colonialismo. L’uomo crede che la Natura vada rispettata perché è qualcosa di fragile da preservare… ma la verità è che la Natura ci precede di milioni di anni e sarà qui dopo di noi per molto tempo. Nel disastro ambientale e sociale, chi ci rimette è l’umanità.»
Il concetto su cui Sara ritorno più volte è l’urgenza sentita di trattare temi attuali, qualcosa di inevitabilmente condiviso tra quelli che hanno partecipato all’ideazione della Stagione. E ciò senza rinunciare a cercare nei capisaldi del teatro quella umanità di cui abbiamo bisogno. Accanto a questa apertura, nella stagione entreranno anche uno spettacolo nato durante le manifestazioni contro il genocidio in corso in Palestina, una discussione dolente tra donne che vivono il conflitto da prospettive opposte. Ma che scelgono il confronto.
Sipario – Uno sguardo oltre
Quando le chiedo cosa si aspetta dal futuro, Sara ci pensa un attimo. «Vorrei che il Teatro Blu diventasse un luogo dove la città sa di poter venire a farsi domande. Non per trovare risposte, ma per restare umani insieme.» Devo lasciarla, stanno arrivando i tecnici per provare le luci, il giorno seguente c’è la prima dell’anno ed è tempo di darsi da fare.