di Gianluca BERNARDINI

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Immaginatevi una vera festa di nozze, con tanto di invitati a seguito. Un matrimonio tra due membri di etnie diverse, siriana e palestinese. E poi un viaggio, un lungo viaggio che parte da Milano e arriva a Stoccolma, attraversando mezza Europa tra cui Marsiglia, Bochum e Copenaghen. Una sorta di corteo partecipe e in questo caso «complice». Per cosa poi? Per un diritto alla libertà che purtroppo non a tutti è data. Una possibilità di vivere felici e liberi nel proprio Paese spesso minacciata. Un diritto negato a chi «fugge» dalla propria terra per non restare vittima del sopruso, dell’odio e della guerra. Di questo parla «Io sto con la sposa», una sorta di documentario e finzione allo stesso tempo che mette in scena in realtà un episodio accaduto tra il 14 e 18 novembre 2013. Tutto questo ad opera di Antonio Augugliaro, Gabriele Del Grande e Khaled Soliman Al Nassiry che sapientemente mettono in scena la fuga e il viaggio «surreale», complice un’amica palestinese, di cinque profughi siriani e palestinesi che approdati da Lampedusa sognano di raggiungere la Svezia per riacquistare una nuova «dignità» e un nuovo futuro. «Io sto con la sposa» non è però semplicemente una sorta di road-movie, è piuttosto un film che mostra a chiare lettere che è possibile nonostante tutto una via di speranza. Anche di fronte a un’Europa più o meno sorda e complice. Se c’è «suspance» e tensione, c’è anche una sorte di allegria e inevitabile poesia in «Io sto con la sposa», storie di vita che passano sullo schermo e che toccano il cuore quando si tingono di dramma e disperazione. Presentato all’ultimo festival del Cinema di Venezia (applauditissimo) nella sezione Orizzonti, giunge ora in sala come un pugno nello stomaco e un richiamo alla nostra coscienza. Possiamo essere tolleranti o meno, solidali o guardinghi ma non possiamo chiudere gli occhi di fronte a chi soffre, perché costoro sono uomini e donne come noi, che per uno «sventurato» caso sono nati da un’altra parte del mondo dove ora si sta peggio che da noi. È così proibitivo o disdicevole desiderare il meglio? Un film, dunque, utile per imparare a indirizzare (o cambiare?) il nostro sguardo sul tema dell’immigrazione e della clandestinità in una prospettiva diversa. Come diceva Salomone vogliamo del resto credere che «la strada dei giusti è come la luce dell’alba, che aumenta lo splendore fino al meriggio».

Temi: clandestini, profughi, viaggio, speranza, solidarietà, appartenenza, vita.